Il week-end dell'Immacolata, occasione per vedere alcuni degli spettacoli lirici di fine anno allo SNG Opera & Ballet di Lubiana
Intanto, una precisazione necessaria: diversamente dai nostri, tutti i teatri dei paesi slavi – al pari della maggioranza di quelli austro-tedeschi – hanno al loro interno una struttura produttiva che prevede, oltre ad atelier per la realizzazione di scene e costumi, la presenza di una compagnia artistica stabile. Cioè di una propria orchestra, coro, corpo di ballo; e naturalmente di un adeguato numero di cantanti fissi, inseriti in un organigramma studiato per sostenere un ampio ventaglio di titoli operistici, e garantire un grande numero di recite mensili. In una saggia economia di scala, poi, gli allestimenti vengono continuamente riciclati, specialmente per le opere del repertorio maggiore, limitando le novità a tre-quattro nuovi allestimenti per stagione. E' un criterio molto diverso da quello che accompagna l'attività dei teatri italiani, con qualche eccezione come nel caso de La Fenice che. ormai da qualche stagione, ha adottato un analogo trend. Un criterio che vede allestimenti magari anche costosi essere ripresi raramente, e solo dopo un certo lasso di tempo; e che non sempre prevede un conveniente regime di coproduzione fra due o più teatri, così da far passare uno spettacolo da un palcoscenico all'altro.
Lo scopo di fondo di queste realtà estere, insomma, appare diverso da quello che vige da noi. Non quello cioè di far cultura proponendo al pubblico sempre novità, con notevole dispendio economico e di energie; bensì quello garantire la fruizione costante, ed a minor costo per lo spettatore, di un vasto patrimonio musicale e culturale. Garantendo spettacoli di livello artistico più o meno alto, a seconda dei casi, ma comunque sempre accettabile.
Anche a Lubiana si va quindi all'ottocentesco ed elegante Teatro Nazionale Sloveno di Opera e Balletto senza eccessiva reverenza. Potendo assistere ad esempio, nel week-end dell'Immacolata che ha visto la città slovena invasa da frotte di turisti italiani venuti per i mercatini di Natale, a ben tre opere di repertorio: Carmen, Bohéme e Traviata. E nell'intero mese di dicembre, avendo modo di vedere anche Rigoletto, Nozze di Figaro, Pipistrello, e ben tre balletti: Meso srca/Kaktusi, Romeo e Giulietta, Schiaccianoci.
Ma veniamo alla Carmen, presentata nella versione curata nel 2015 dalla regista Pamela Howard, veterana delle scene inglesi ed europee: suoi peraltro anche i vivaci costumi, molto tradizionali nel disegno folkloristico quasi al limite del calligrafismo. Micaëla ad esempio, abbigliata come una pastorella indossa le rustiche calzature di feltro della sua Navarra. Sue pure le scarne scenografie, limitate a poche pennellate di colore locale: l'alto muro terrazzato del tabacchificio sivigliano, qualche tavolo ed una carrozza zingaresca per la taverna di Lillas Pastia, qualche accenno di montagne nel terzo atto con Madonna ravvivata da candele, un'idea appena della plaza de toros al quarto. Fondali pensati per rapidi mutamenti di scena, e per essere poi facilmente rimpiazzati dalle scenografie delle altre opere in cartellone. Elementare, più che essenziale d'altro canto appare anche la regia della regista gallese, che d'intesa con la direzione musicale ignora - come al solito, ahimé - la pantomina di Morales «Attention! Chut!», e sopprime quasi tutti i recitativi parlati risparmiando il minimo indispensabile; e che non devia dalle didascalie del libretto, limitandosi ad applicarle con fedeltà e rinunciando così ad inventare qualcosa di nuovo.
Apprezzabile nell'insieme la direzione musicale di Jaroslav Kyzlink, che restituisce il giusto clima da opéra-comique, vivido e sanguigno, concertando con fantasia e buona verve; il maestro ceco riesce ad ottenere dall'orchestra dello SNG buona coesione, varietà di colori, nitidezza negli assoli strumentali; senza saper evitare, però, qualche occasionale e fastidioso clangore degli ottoni.
Efficiente ed omogenea mi è sembrata tutta la compagnia di canto, che aveva un buon punto di forza nella Carmen del mezzosoprano russo Elena Dobravec. Carmen dai tratti giovanili, delineata con rilevante immedesimazione psicologica – il personaggio risulta ironico e sensuale, e tra le sue mani risalta bene la sua passionale volubilità, tanto nell'Habanera che nella Chanson bohéme, e nella Séguedille – e che viene sostenuto da una condotta vocale scorrevole, corretta nel fraseggio, ben accentata e variata nei colori. Il timbro magari non è proprio opulento, ma comunque sufficientemente morbido. Ma soprattutto, la compagnia poteva contare sul José del tenore Branko Robinsak, la cui colonna di fiato non desta riserve: voce solida e saldamente poggiata sui fiati, personalità generosa e piena di bella grinta, senza tuttavia mai scadere nella platealità. Sopra tutto, vocalità intelligente nel fraseggio - vedi come gli riesce bene la trepida nostalgia del duetto «Parle moi de ma mère», in cui risaltano suoni tutti ben timbrati, oppure il trasognato trasporto di «La fleur que tu m'avait jetée» - con fascinose lucentezze metalliche negli acuti scalati ancor facilmente. Ma sopra tutto, voce e carattere capaci di dare vita ad un dragone dalla giovanile irruenza, baldanzosamente virile ma, sotto sotto, ragazzotto ingenuo e sempliciotto proprio come nel racconto di Mérimée.
Parliamo degli altri interpreti ora. Joze Vidic risulta nel complesso un piacevole Escamillo, aitante, fiero e temerario nella sua rapinosa entrée con i couplets di «Votre Toast...Toreador, en garde!» anche se qualche volta il ragguardevole materiale di base non mi pare interamente messo a buon frutto. Il soprano sloveno Andreja Zakonisek Krt è una Micaëla sotto tono: il timbro è limpido ma un po' asciutta l'emissione, e non mi pare sempre attenta alla necessaria varietà delle sfumature; un limite che risalta nella scarsa ariosità del suo «Je dis que rien ne m'épouvente». Comprimariato di buona efficienza ed assai affiatato, composto da Janko Valcansek (Zuniga), Lucas Somoza Osterc (Morales), Eva Cerne (Frasquita), Zdenka Gorenc (Mercedes), Matej Vovk (Dancairo), Andrej Debevec (Remendado).
Anche il coro dello SNG Ljubljana si è distinto per correttezza, sebbene in verità paresse meglio organizzato nella componente femminile che in quella maschile; qualche sbandamento e qualche asprezza si poteva sentire invece nel coretto dei gamins.
Piacevoli gli inserti coreografici di gusto gitano di Berta Vallribera, realizzati dai ballerini del corpo di ballo lubianense; luci curate da Jasmine Sehic.